L’arcivescovo Alexios ha aperto
la chiesa di San Porfirio a tutti: «Non importa se sono cristiani o
musulmani, questo è il dovere della chiesa». Una donna ha anche
partorito in chiesa: «C’è la vita oltre alla morte»
Circa mille musulmani palestinesi sono rifugiati da ieri nella chiesa
ortodossa di San Porfirio nella Striscia di Gaza. La chiesa antica è
stata aperta a quanti scappano dai bombardamenti nel quartiere di
Shejaia. L’arcivescovo Alexios, che ha accolto tutti nell’edificio, ha
dichiarato: «Vogliamo aiutare la gente. Non importa se sono cristiani o
musulmani, questo è il dovere della chiesa. Ieri (lunedì, ndr) c’erano
già 660 persone, tra cui due sole famiglie cristiane, oggi (martedì,
ndr) sono un migliaio, per lo più donne e bambini».
«C’È ANCHE LA VITA». «Siamo scappati dalle nostre case e siamo venuti qui», afferma a
Reuters Jawaher
Sukkar, scappata con il suo bambino. «Ora però anche la chiesa è stata
bombardata. Dove dobbiamo andare? Ditemi dove dobbiamo andare», insiste
riferendosi a un razzo caduto ieri in un campo vicino a San Porfirio. I
palestinesi accusano l’esercito israeliano di volerli uccidere e di
averli bersagliati mentre scappavano, ma in mezzo
all’orrore della guerra
c’è anche spazio per lampi di luce: «Ieri una donna ha partorito qui in
chiesa un bambino, una nuova vita. La gente dovrebbe essere speranzosa.
C’è la morte ma c’è anche la vita qui», dichiara l’arcivescovo.
«DIO BENEDICA I CRISTIANI». Una donna musulmana
fuggita dalla sua casa ha detto appena entrata in chiesa: «Dio benedica i
cristiani. Solo loro fanno qualcosa, le nazioni arabe non hanno fatto
niente per noi». «Siamo tutti fratelli, siamo una famiglia», ha spiegato
Alexios a un reporter del Wall Street Journal. Poi ha
aggiunto: «La moschea qui di fianco ci sta aiutando ma manca tutto:
materassi, coperte, cibo e benzina, visto che ci sono continui blackout.
E senza l’elettricità non abbiamo accesso neanche all’acqua».
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