Μιας και μας απαγόρευσαν αναρτήσεις από το “Sibilla”οι αμερικανοσιωνιστές...
Περιστασιακή ανάρτηση από το απαγορευμένο στο “δημοκρατικό” facebook, το ιστολογοφόρο “Sibilla"
Και οι καταγγελίες δεν αποτελούν συνήθη "ιστορίες" για κατανάλωση.
Η καταγγελία του φασίστα Jorge Mario Bergoglio καρδιναλίου που έγινε πάπας, δεν είναι σημερινή... Ο καρδινάλιος Jorge Mario Bergoglio, αρχιεπίσκοπος των επισκόπων της Αργεντινής, βρίσκει τον μάστορά του από τον αντάρτη παπά Don Vitaliano della Sala, που συμμετέχει στο κίνημα ‘no global’!
Στην προσωπική του ιστοσελίδα ο αντάρτης ιερέας Don Vitaliano τα χώνει στον νέο πάπα για τη συνεργασία του με τη χούντα του Βιντέλα που δολοφόνησε 9.000 άτομα.
Και το συγκλονιστικό; Ο ίδιος ιερέας είχε δημοσιοποιήσει τα στοιχεία για τον συνεργάτη της χούντας αρχιεπίσκοπο πριν 8 χρόνια, που διεκδικούσε πάλι την ηγεσία του Βατικανού.
"Τα στοιχεία για το ρόλο που διαδραμάτισε ο Bergogli, από τις 24 Μάρτη 1976, είναι στο βιβλίο Το νησί της Σιωπής. Ο ρόλος της καθολικής εκκλησίας στη δικτατορία του Βιντέλα περιγράφεται από τον αργεντινό δημοσιογράφο Horacio Verbitsky, που χρόνια ερευνά και μελετάει εκείνη την τραγική περιόδο της χώρας του..."
Ακολουθεί ολόκληρο το άρθρο του αντάρτη ιταλού ιερέα των ‘no global’:
Il 23 Maggio 2006, col titolo “il lato oscuro del cardinal Bergoglio”,
pubblicai un articolo di Stella Spinelli sul nuovo papa, l’allora
cardinale Bergoglio. Lo ripropongo sperando di essere smentito!
Soprattutto credo che ora lui debba fare chiarezza. Anche per onorare il
nome che ha scelto.
“Questo cardinale poteva essere papa!
Il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires,
presidente dei vescovi argentini, nonché tra i più votati, un anno fa,
nel conclave Vaticano che ha scelto il successore di Giovanni Paolo II, è
accusato di collusione con la dittatura argentina che sterminò novemila
persone. Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo
1976, sono racchiuse nel libro L’isola del Silenzio. Il ruolo della
Chiesa nella dittatura argentina, del giornalista argentino Horacio
Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del Paese
sudamericano, lavorando sulla ricostruzione degli eventi attraverso
ricerche serie e attente.
I fatti riferiti da Verbitsky. Nei primi anni Settanta Bergoglio, 36
anni, gesuita, divenne il più giovane Superiore provinciale della
Compagnia di Gesù in Argentina. Entrando a capo della congregazione,
ereditò molta influenza e molto potere, dato che in quel periodo
l’istituzione religiosa ricopriva un ruolo determinante in tutte le
comunità ecclesiastiche di base, attive nelle baraccopoli di Buenos
Aires. Tutti i sacerdoti gesuiti che operavano nell’area erano sotto le
sue dipendenze. Fu così che nel febbraio del ’76, un mese prima del
colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle
comunità di abbandonare il loro lavoro nelle baraccopoli e di andarsene.
Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono di
andarsene. Non se la sentirono di abbandonare tutta quella gente povera
che faceva affidamento su di loro.
La svolta. Verbitsky racconta come Bergoglio reagì con due provvedimenti
immediati. Innanzitutto li escluse dalla Compagnia di Gesù senza
nemmeno informarli, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di Buenos
Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo
il golpe, furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti,
quella revoca fu il segnale per i militari, il via libera ad agire: la
protezione della Chiesa era ormai venuta meno. E la colpa fu proprio di
Bergoglio, accusato di aver segnalato i due padri alla dittatura come
sovversivi. Con l’accezione “sovversivo”, nell’Argentina di quegli anni,
venivano qualificate persone di ogni ordine e grado: dai professori
universitari simpatizzanti del peronismo a chi cantava canzoni di
protesta, dalle donne che osavano indossare le minigonne a chi viaggiava
armato fino ai denti, fino ad arrivare a chi era impegnato nel sociale
ed educava la gente umile a prendere coscienza di diritti e libertà.
Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica della
marina (Esma), i due religiosi furono rilasciati, grazie alle pressioni
del Vaticano.
Botta e risposta. Alle accuse dei padri gesuiti di averli traditi e
denunciati, il cardinal Bergoglio si difende spiegando che la richiesta
di lasciare la baraccopoli era un modo per metterli in guardia di fronte
a un imminente pericolo. Un botta e risposta che è andato avanti per
anni e che Verbitsky ha sempre riportato fedelmente, fiutando che la
verità fosse nel mezzo. Poi la luce: dagli archivi del ministero degli
Esteri sono emersi documenti che confermano la versione dei due
sacerdoti, mettendo fine a ogni diatriba. In particolare Verbitsky fa
riferimento a un episodio specifico: nel 1979 padre Francisco Jalics si
era rifugiato in Germania, da dove chiese il rinnovo del passaporto per
evitare di rimetter piede nell’Argentina delle torture. Bergoglio si
offrì di fare da intermediario, fingendo di perorare la causa del padre:
invece l’istanza fu respinta. Nella nota apposta sulla documentazione
dal direttore dell’Ufficio del culto cattolico, allora organismo del
ministero degli Esteri, c’è scritto: “Questo prete è un sovversivo. Ha
avuto problemi con i suoi superiori ed è stato detenuto nell’Esma”. Poi
termina dicendo che la fonte di queste informazioni su Jalics è proprio
il Superiore provinciale dei gesuiti padre Bergoglio, che raccomanda che
non si dia corso all’istanza. E non finisce qui. Un altro documento
evidenzia ancora più chiaramente il ruolo di Bergoglio: “Nonostante la
buona volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto
pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti
in disparte, ma adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi
terzomondisti hanno cominciato una nuova fase”. È il documento
classificato Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B,
Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9. Nel libro di Verbitsky sono
pubblicati anche i resoconti dell’incontro fra il giornalista argentino e
il cardinale, durante i quali quest’ultimo ha cercato di presentare le
prove che ridimensionassero il suo ruolo. “Non ebbi mai modo di
etichettarli come guerriglieri o comunisti – affermò l’arcivescovo – tra
l’altro perché non ho mai creduto che lo fossero”.
Ma… Ad inchiodarlo c’è anche la testimonianza di padre Orlando Yorio,
morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi pienamente dalle torture,
dalla terribile esperienza vissuta chiuso nell’Esma. In un’intervista
rilasciata a Verbistky nel 1999 racconta il suo arrivo a Roma dopo la
partenza dall’Argentina: “Padre Gavigna, segretario generale dei
gesuiti, mi aprì gli occhi – raccontò in quell’occasione – Era un
colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene. Mi riferì
che l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato
che secondo il governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché
i nostri superiori ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di
noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e
lo fece”. Nel libro, inoltre, Verbistky spiega come Bergoglio, durante
la dittatura militare, abbia svolto attività politica nella Guardia di
ferro, un’organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso nome
di una formazione rumena sviluppatasi fra gli anni Venti e i Trenta del
Novecento, legata al nazionalsocialismo. Secondo il giornalista,
l’attuale arcivescovo di Buenos Aires, quando ricoprì il ruolo di
Provinciale della Compagnia di Gesù, decise che l’Università gestita dai
gesuiti fosse collegata a un’associazione privata controllata dalla
Guardia di ferro. Controllo che terminò proprio quando Bergoglio fu
trasferito di ruolo. “Io non conosco casi moderni di vescovi che abbiano
avuto una partecipazione politica così esplicita come è stata quella di
Bergoglio”, incalza Verbitsky. “Lui agisce con il tipico stile di un
politico. È in relazione costante con il mondo politico, ha persino
incontri costanti con ministri del governo”.
Oggi. Nonostante non abbia mai ammesso le sue colpe, il presidente dei
vescovi argentini ha spinto la Chiesa del paese latinoamericano a
pubblicare una sorta di mea culpa in occasione del 30esimo anniversario
del colpo di Stato, celebratosi lo scorso marzo. “Ricordare il passato
per costruire saggiamente il presente” è il titolo della missiva
apostolica, dove viene chiesto agli argentini di volgere lo sguardo al
passato per ricordare la rottura della vita democratica, la violazione
della dignità umana e il disprezzo per la legge e le istituzioni.
“Questo, avvenuto in un contesto di grande fragilità istituzionale –
hanno scritto i vescovi argentini – e reso possibile dai dirigenti di
quel periodo storico, ebbe gravi conseguenze che segnarono negativamente
la vita e la convivenza del nostro popolo. Questi fatti del passato che
ci parlano di enormi errori contro la vita e del disprezzo per la legge
e le istituzioni sono un’occasione propizia affinché come argentini ci
pentiamo una volta di più dai nostri errori per assimilare
l’insegnamento della nostra storia nella costruzione del presente”.
Tanti tasselli, quelli raccolti dal giornalista argentino nel suo libro
che ci aiutano a vedere un po’ meglio in un mosaico tanto complesso
quanto doloroso della storia recente di Santa Romana Chiesa”.
Stella Spinelli
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